dal 1960
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Bolero | Trip – Tic

Bolero | Trip – Tic

2017
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Trittico coreografico a firma di tre autrici italiane: Giorgia Ohanesian Nardin, Chiara Frigo e Francesca Pennini.

Un trittico coreografico che ruota attorno al numero tre: tre le autrici coinvolte e tre i temi per le ricerche nate da tre brani dei primi anni del XX secolo, composizioni ormai entrate nel repertorio, ma un tempo parte di un modo rivoluzionario di fare danza. Uno spettacolo in tre atti, con coreografie differenti legate a un tema, quello di musiche che rimandano allo straordinario periodo d’innovazione e fermento artistico che accompagnò l’ascesa dei Balletti Russi in Europa.

Restano tuttavia nell’ombra, le figure femminili che contribuirono in quegli stessi anni allo sviluppo della danza europea: è il caso, ad esempio, di Ida Rubinstein, danzatrice e mecenate, che nel 1928 (dopo aver lasciato i Balletti Russi) commissionò a Maurice Ravel il celebre Bolero, per un balletto che lei stessa coreografò e interpretò.

Con questo titolo, il Balletto di Roma ha dato voce a tre artiste italiane attive sulla scena contemporanea internazionale: la giovane Giorgia Ohanesian Nardin, performer e coreografa indipendente, si è confrontata con L’Après-midi d’un Faune su musica di Claude Debussy; con il suo stile estremamente fisico e provocatorio, Nardin ha riletto il titolo (tratto dal poema di Stéphane Mallarmé) che ha ispirato la composizione capostipite dell’impressionismo musicale.

Ancora Debussy per la coreografa Chiara Frigo, che ha sperimentato un lavoro ispirato al tema delle migrazioni sulle note della Suite Bergamasque (con elaborazioni sonore di Mauro Casappa), Stormy, composizione in quattro movimenti che comprende anche il celebre Clair de lune ispirato alla poesia di Paul Verlaine. In un intreccio di citazioni letterarie e mitologiche, Frigo costruisce un labirinto di Dedalo, ispirato alla contemporaneità di una migrazione apparentemente senza via d’uscita, ben lontana dal volo liberatorio (seppur fatale) di Icaro.

Francesca Pennini, coreografa e fondatrice della compagnia CollettivO CineticO, ha creato per il Balletto di Roma un nuovo Bolero sulle note celebri di Maurice Ravel: brano diffusissimo tra le composizioni di danza, in questa versione è scardinato e ricomposto secondo l’ironica e complessa danza di Pennini e delle sue creazioni “cinetiche”, con un ritmo costante che è una vera e propria sfida alla scomposizione tematica, musicale e coreografica.

Partendo dalle composizioni musicali, le tre proposte coreografiche mettono il corpo e la danza al centro della ricerca, offrendo suggestioni riferibili a un’umanità in movimento, al desiderio di essere amati e amare, alla seduzione e al suo contagioso impatto sugli esseri umani.

L’Après-midi d’un Faune (Resilienza)

Manda messaggi senza farsi vedere, la sua presenza è mutevole, cangiante. Il fauno guarda e si lascia guardare.
Il fauno è una presenza militante, è un organismo resistente e vitale che fluisce nello spazio della scena evidenziando la continuità tra il dentro e il fuori così come quella tra interiorità e esteriorità, tra realtà e immaginazione.

Il corpo danzante del fauno è in costante ascolto, è una zona attiva, pulsante, è materia capace di generare meraviglia. Umile, vulnerabile e allo stesso tempo potente, il corpo mantiene una densità specifica che si esprime nel virtuosismo più prezioso: quello della presenza. L’attesa, la caduta, il fremito, la propulsione e la sospensione sono le parole chiave di un vocabolario di movimento che non distingue tra micro e macro strutture gestuali: la forza della figura danzante nasce da un disegno di dettagli e di tessuti connettivi, ossa e muscoli per i quali linearità, distensione e contorsione partecipano in egual misura.

Resiliente, silenzioso, a tratti vocale: quello del fauno è un concetto sonoro che attraversa lo spazio.
Dalla storia della danza al presente, il fauno ci raggiunge nel XXI secolo come una forma complessa, una Gestalt per certi aspetti barocca. Nella sua presenza è possibile osservare una condensazione di significati e forme che è l’origine del contemporaneo in danza.

Dissolvendosi nella musica di Debussy, paesaggio sonoro di disarmante bellezza, il fauno espone la propria vocalità e il proprio tempo interiore disseminato di desideri per i quali non sussiste nessuna distinzione tra sacro e profano.

(Gaia Clotilde Chernetich)

Stormy

Nel panorama odierno, la necessità di “migrare” sta perdendo la prospettiva di un “altrove” in cui ridefinirsi e dare vita ad un cambiamento della propria condizione. Gli orizzonti si sono appannati e ristretti, le traiettorie di fuga incontrano sempre più spesso un muro, un filo spinato. Oggi le migrazioni avvengono all’interno di un labirinto di trappole e d’inganni. I protagonisti di questa lotta contro il tempo procedono come stormi di uccelli in volo, ma rischiano di smarrire la speranza che ha sempre animato chi si lasciava un mondo alle spalle per cercarne un altro. La mitologia del viaggio, di cui Icaro incarna l’eroe più estremo, viene risucchiata nel dedalo di Minosse e del Minotauro che ne controlla i varchi. Esiste ancora una via d’uscita?

Senza sottrarci ad una questione politica che c’investe ogni giorno con la sua lista di sciagure, abbiamo tentato perfino di ribaltare gli esiti del mito. La domanda però, è rimasta aperta.
Frutto della collaborazione tra la coreografa Chiara Frigo e il drammaturgo Riccardo de Torrebruna, Stormy affronta il tema delle migrazioni. Per fornire ai danzatori una partitura interna con cui affrontare il viaggio era necessario che i riferimenti mitologici fossero vissuti e tradotti in modo personale, senza perdere la natura intima da cui l’intero lavoro è partito. Migrare è una necessità dello spirito, un’urgenza che trascende perfino la dimensione storica dei fenomeni, l’inquietudine di chi è alla ricerca di una possibile rinascita. Viaggiando su uno spartito musicale quanto meno imprevisto, la Suite Bergamasque di Claude Debussy e i suoi quattro movimenti, Mauro Casappa ha dato vita a rielaborazioni sonore che dilatano il tempo e il mare che da sempre separa i viaggiatori dalla loro meta.

(Riccardo de Torrebruna)

 

Bolero – The head down tribe

È moltiplicazione. È ripetizione. È contagio. È accumulazione. È immortale. È desiderio che si alimenta senza consumarsi. È infezione musicale, tarlo sonoro, parassita. Virus.
Dal flauto all’orchestra, dal paziente zero all’epidemia globale.
Il Bolero di Ravel ha tutte le caratteristiche dell’apocalisse Zombie.
Sono gli zombie che esistono, quelli che vivono come corpi eterni e cinematografici nei film di Romero, metafore del consumatore compulsivo della società di massa. Sono gli zombie della tradizione haitiana, drogati e annullati per diventare ottimi schiavi, lavoratori totali. Sono ora, qui, gli zombie digitali, tuffati nello schermo dello smartphone con la loro retina sulla retina HD, dove sociale muta in social, toccare in touchpad e self in selfie. Dove il singolo è fagocitato dal plurale indifferenziato. Massa seriale che desidera, un corpo di ballo che corteggia un’unica preda. Coazione a ripetere di prassi coreografiche, gli echi di passé che cercano l’equilibrio, una pulsione pelvica cannibale, le fauci divaricate tra il sorriso e il morso o perse in masticazioni inutili, i palmi delle mani tutti orientati all’inquadratura perfetta che dichiara che, in qualche modo, sono al mondo. Ciechi come piante che cercano la luce, i loro corpi tendono a quel corpo sonoro che li ha infettati: quel Bolero virale che, come un’esca, li attrae e poi infesta le orecchie, il cervello.

Un solo sopravvissuto. Un solo. Un danzatore che si dedica una danza privata. Lui gode e sente. Lui, solo, non tende che al suo presente.
Ma, come prassi di ogni storia zombie, anche la “bolero-apocalisse” è totale.
Non c’è scampo, tutti lo sanno. Anche Ravel. Anche voi.

(Francesca Pennini)

12/13 Maggio 2018

Teatro Vittorio Emanuele, Messina
18 Marzo 2018

Teatro Vascello, Roma
dal 14 al 17 Marzo 2018

Teatro Vascello, Roma

L’Après-midi d’un Faune (Resilienza)

Coreografia Giorgia Nardin

Collaborazione alla Drammaturgia Gaia Clotilde Chernetich

Luci Emanuele De Maria

Costumi Daniela Iaffei

Musica Prélude à L’après-midi d’un faune – Claude Debussy (esecuzione di Doriot Anthony Dwyer, Boston Symphony Orchestra & Michael Tilson Thomas)

In co-produzione con Associazione Culturale VAN 

 

Stormy

Coreografia Chiara Frigo

Drammaturgia Riccardo de Torrebruna

Elaborazioni Sonore Mauro Casappa

Musiche Claude Debussy

Consulenza Artistica Amy Bell

Luci Moritz Zavan Stoeckle

 

Bolero – The head down tribe

Regia, coreografia e disegno costumi Francesca Pennini

Drammaturgia e disegno luci Angelo Pedroni

Musica Maurice Ravel, Rolling Stones

Tecnica Emanuele De Maria

Realizzazione costumi Concetta Assennato, Maria Colaneri e Daniela Iaffei